Il paradigma della selvicoltura sistemica

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Francisco de Goya: La romería de San Isidro

Francisco de Goya: La romería de San Isidro

Il «paradigma della selvicoltura sistemica» ha ricevuto “lo statuto agnitivo con l’approvazione per acclamazione della mozione finale del Terzo Congresso Nazionale di Selvicoltura per il miglioramento e la conservazione dei boschi italiani, svoltosi a Taormina (ME), il 16-19 ottobre 2008”.

Ho pensato che questo “statuto agnitivo” della identità, prima sconosciuta, della «selvicoltura sistemica», ottenuto sul podio del Terzo Congresso Nazionale di Selvicoltura, facesse parte – come denota l’aggettivo impiegato – di una pièce teatrale conclusasi con l’inaspettato riconoscimento finale della personalità di un protagonista. Lo stupore è aumentato, quando ho appreso che il “mondo forestale, scientifico, politico, amministrativo, industriale, imprenditoriale, tecnico e operativo”, presente a questo congresso, ha sancito «per acclamazione» la validità della «teoria della selvicoltura sistemica»”.

applauseQuesto generale incondizionato plauso, unitamente al numero dei partecipanti, ai contenuti scientifici e tecnici e all’entità e qualità del dibattito, ha tracciato “i percorsi che si svilupperanno nel prossimo futuro e a medio lungo termine [che] si possono così sintetizzare: 1) decisioni partecipate e informate; 2) ricerche innovative; 3) nuovo orientamento culturale”.

Non era mai accaduto che la validità di una teoria scientifica venisse ratificata da un eterogeneo consesso di congressisti, perché di regola le teorie scientifiche, di qualsiasi natura, sono esaminate accuratamente da ricercatori ed esperti attraverso il metodo scientifico sperimentale. Il plauso unanime di un composito aggregato di congressisti, presenti in una manifestazione svoltasi sotto l’egida del fautore del nuovo «paradigma selvicolturale», non parrebbe un metodo appropriato di validazione di un sistema selvicolturale.
Ma si sa: questo è ciò che penserebbe solo un ricercatore serio. Ma che c’entra la serietà se ci si trova di fronte a un’agnizione?

La pretesa poi che la mozione votata «per acclamazione», incondizionatamente accolta da un consesso così eterogeneo di partecipanti (scienziati, politici, amministratori, ecc.), possa aprire la strada alla ricerca innovativa e a un nuovo orientamento culturale, mi sembra un po’ esagerata, ma fa parte dello stile di quest’autore magnificare le proprie «scoperte», denigrando quanti non le condividono.
In genere, il dibattito scientifico verte sulla validità di determinate tesi, sui metodi e sistemi utilizzati per convalidare le teorie proposte, sugli aspetti critici di determinati assunti, sulla metodologia di raccolta e di analisi dei dati. Un’eventuale accettazione, in toto o parziale, deriva dalla valutazione critica e dalle verifiche sperimentali effettuate dagli studiosi e operatori di questa o di altre discipline. Una teoria scientifica non è mai sottoposta al voto d’approvazione di assemblee eterogenee, che oltretutto ritengono (con rara modestia) di dare un nuovo corso alla ricerca e realizzare una rivoluzione scientifica in conformità a triti slogan e retorici appelli. Come rammenta Bacone,

Francis BaconNulla, nelle cose intellettuali è di così cattivo augurio quanto il consenso generale, eccezion fatta per le cose divine, quando la verità discende dal cielo. Alle moltitudini infatti piace soltanto ciò che colpisce l’immaginazione, come la superstizione, e sono gradite solo le nozioni volgari, come la dottrina dei sofisti: il generale consenso è dunque ben lontano dal costituire una vera e salda autorità; anzi esso costituisce un forte motivo per credere il contrario.1

In realtà, speravamo che un congresso nazionale di selvicoltura terminasse i suoi lavori con indicazioni e auspici su come vadano curate le foreste, recuperate le aree degradate, gli incolti e i pascoli abbandonati, realizzata un’efficace difesa idrogeologica, e attraverso quali mezzi salvaguardare il patrimonio paesaggistico e ambientale, non solo della montagna e della collina, ma anche delle pianure oggetto di un’urbanizzazione distruttiva. Ci saremmo aspettati anche una seria discussione sull’amministrazione forestale, sull’istruzione e sull’impiego dei tecnici forestali, dei naturalisti, degli «ambientalisti» e delle istituzioni, pubbliche e private, che operano per salvaguardare il territorio.

Al Congresso forestale italiano di Bologna del 1909, Serpieri aveva sottolineato l’importanza di acquisire “sempre e in primo luogo lo stato di fatto «delle risorse montane, descritto e valutato per costatazione diretta» e non per «presupposizione»”2. Per questo si presentava una serie di dati statistici sulle superfici boscate, sui disboscamenti e sulle importazioni di legame per fornire un quadro per quanto possibile della situazione forestale del paese. Anche il Primo Congresso Forestale (1957), organizzato e gestito quasi interamente dal CFS, ha mantenuto questa impostazione pratica operativa, fondata su fatti ed esperienze acquisite da tecnici ed operatori operanti sul territorio e con conoscenze specifiche dei boschi nazionali. Tutto questo manca nel Congresso di Taormina, che avrebbe dovuto almeno segnalare le gravi carenze di dati oggettivi sulla produzione forestale italiana in rapporto agli altri paesi europei ed extraeuropei, sulle importazioni, sull’industria di trasformazione del legno e, più in generale, sullo stato dell’economia montana del paese. Un discorso sulla selvicoltura, che prescinda da tutto questo, rischia di essere astratto, puramente accademico, perché proposte di gestione o di trattamento delle risorse forestali anche lodevoli appaiono irrealistiche. inapplicabili in quanto non vincolate ed inserite organicamente in un contesto economico-sociale specifico e senza una visione organica di sviluppo dell’economia montana.

Ugo Tognazzi: Vogliamo I Colonnelli

Ugo Tognazzi: Vogliamo I Colonnelli

Insomma, dopo il «golpe dei forestali» (citato anche come «golpe Borghese» o «golpe dell’Immacolata» − 7-8 dicembre 1970 −, magnificato nel film di Mario Monicelli «Vogliamo i colonnelli», 1993), ci s’illudeva che certi «forestali» avessero smesso di ergersi a difensori della democrazia patria e avessero perso ogni velleità di redimere la cultura nazionale, con appelli e mozioni unanimi in congressi dedicati ai problemi forestali.

Ad ogni modo, dobbiamo prendere atto che i congressisti, presi d’incantamento della magica atmosfera di Taormina (così nei depliant turistici), hanno finalmente identificato il misconosciuto paradigma della «selvicoltura sistemica», sancendone la validità.
Molti forestali sono rimasti allibiti che la «scoperta» di un sistema in grado di “affrontare e risolvere il problema forestale in una visione d’insieme che comprenda il pensiero e la conoscenza, il naturale e l’etico, l’economico e il sociale”3 fosse passato pressoché inosservato nella stampa forestale internazionale e avesse fomentato discussioni unicamente in congressi e convivi italiani, organizzati, per lo più, sotto l’egida dell’Autore.

teatroAlcuni hanno ritenuto che le ragioni di questo ingeneroso silenzio dell’opinione pubblica si dovessero ricondurre alla difficoltosa lettura dei numerosi scritti – talvolta prolissi e retorici – dedicati a questo tema. Oppure che l’argomento risultasse ostico ai più per le auliche enunciazioni di concetti (non del tutto ignoti ai selvicoltori), per il gran numero di citazioni (non sempre pertinenti ai temi trattati), per i riferimenti inappropriati a scritti o enunciati formulati in situazioni storiche e ambientali assai diverse oppure per la frequente distorsione dei significanti o, addirittura, per la sicumera dell’esposizione di tesi ipotetiche. La lettura non è facilitata anche le numerose auto-citazioni e riferimenti bibliografici incrociati tra i sostenitori della «selvicoltura sistemica», che, in alcuni casi, supera o si approssima al 50% delle opere citate. Tutto questo potrebbe spiegare lo scarso interesse prestato a questi scritti da selvicoltori italiani e stranieri estranei alla «scuola» del professor Ciancio, ma l’interessato ha già puntualizzato che quest’ultima osservazione è infondata, perché non siamo
“… al corrente di quanti Maestri in articoli e in lunghe e argomentate comunicazioni personali si sono espressi favorevolmente [alla selvicoltura sistemica] condividendone il contenuto”.“Tra questi cito solo i più noti: Duchaufour, Fanta, Falinski, Hummel, Liacos, Liese, Klepac, Kramer, Mlinsek, Moreira da Silva, Pardé, Schmidt-Vogt, Schutz, Seydak, Susmel, ecc. e ancora: il Ministry of Environment, Republic of Serbia, ha chiesto di tradurre il libro in Serbian language. questo libro. Di più: recentemente il libro che ha stimolato l’esercizio ginnico del quale si è prima detto – che comunque, bisogna ammetterlo, quantomeno fa bene alla salute fisica! -, è stato tradotto in lingua portoghese e distribuito in occasione del Forum biodiversidade. Silvicoltura Próxima da Natureza. Close to Nature Forestry. 24 de Junho de 2008 Centro de Congressos do Estoril4.

É veramente una grave carenza che queste comunicazioni siano rimaste personali, perché si sarebbe potuto evitare l’errore di attribuire disinteresse – che traspare dall’esiguo numero di citazioni bibliografiche su riviste internazionali – da parte di insigni forestali di altre nazioni per la «selvicoltura sistemica». Forse anche le mie osservazioni potrebbero non essere considerate un ulteriore “scritto, chiaramente polemico e altamente provocatorio, [nel quale] sono state riportate tante di quelle inesattezze – per usare un eufemismo – e di non verità che ho deciso, anche se obtorto collo, di interrompere questa mia prerogativa” [di entrare in polemica], perché non è nel mio carattere”5.

É noto che la capacità (volontà) critica è inversamente proporzionale alla distanza dal potere (vero o presunto). Non mi stupisco, quindi, che l’entusiasmo dei sostenitori del «paradigma selvicoltura sistemica» aumenti progressivamente con la contiguità al professor Ciancio6. A ogni buon conto, per acquisire sostenitori all’innovativa teoria è stato redatto un manifesto sottoscrivibile in rete, che testimonia l’interessamento per il «paradigma della selvicoltura sistemica» da parte dei tecnici forestali7.
Forse perché “La lettura presuppone la mente libera dalle ingombranti dottrine che da oltre 250 anni sono patrimonio culturale di tutti i forestali”, molti forestali li hanno trascurati, sottovalutando l’impatto di queste tesi nella didattica e nella formazione tecnico-scientifica degli operatori forestali.

A questa spensierata “intellighenzia forestale” si potrebbe dedicare la poesia:

Toni-Ungerer-Brusellosis, 1998

Toni Ungerer, Brusellosis, 1998

Segavano i rami sui quali erano seduti
E si scambiavano a gran voce le loro esperienze
di come segare più in fretta, e precipitarono
Con uno schianto, e quelli che li videro
Scossero la testa segando e
Continuarono a segare
8

  1. Francesco Bacone, “La confutazione della filosofia”, in “La nuova Atlantide e altri scritti”, a cura di P. Rossi, Universale Economica vol. 183, Cooperativa de Libro Popolare, Milano, 1954, p. 91.
  2. Sulli M., Zanzi Sulli A. «La Commissione nazionale di propaganda per il bosco e per il pasolo del Touring Club Italian» o, in Lazzarini A., «Disboscamento montano e politiche territoriali: Alpi ed Appennini dal Settecento al Duemila». Franco Angeli
  3. Ciancio O., «Il principio di polarità e la nuova concezione della selvicoltura». L’Italia Forestale e Montana/ Italian Journal of Forest and Mountain Environments 68 (1): 3-10, 2013, p. 6.
  4. Ciancio O., «Selvicoltura, assestamento, epistemologia ed etica. Dibattito scientifico o discussione da bar dello sport ?», Forest@ 7: 111-119, 2000
  5. Ciancio O., «Selvicoltura, assestamento, epistemologia ed etica. Dibattito scientifico o discussione da bar dello sport ?», Forest@ 7: 111-119, 2000: ojs.aisf.it/index.php/ifm/article/download/219/206‎ 
  6. P. Mori, «La babele della selvicoltura», Sherwood n°. 171, settembre 2011, p. 5-6.
  7. Manifesto per la selvicoltura sistemica (31/05/2012), proposto da G. Bovio, O. Ciancio, P. Corona, F. Iovino, F. Maetzke, M. Marchetti, G. Menguzzato, S. Nocentini, L. Portoghesi, sottoscrivibile all’indirizzo info@aisf.it
  8. B. Brecht, Poesie dall’esilio, III

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