Da Wikipedia, enciclopedica opera dell’universal moderno sapere, apprendiamo che a Firenze – culla delle italiche scienze forestali – è nata, negli anni novanta, una nuova scienza la “SELVICOLTURA SISTEMICA”.
La nascita trae origine dalla rivelazione che “Le mutate condizioni culturali, sociali ed economiche impongono una revisione critica della selvicoltura e una nuova strategia forestale nella consapevolezza, come vado sostenendo da vari lustri, che il bosco è un sistema biologico complesso, indispensabile per rendere vivibile il presente e possibile il futuro”.
Questa «Vox clamantis in deserto» è del professor Orazio Ciancio, il quale “in momenti diversi o contemporaneamente, è – oppure è stato – Professore Ordinario all’Università degli Studi di Firenze , Presidente del Corso di Laurea in Scienze Forestali e Ambientali di Firenze, Direttore responsabile dell’Italia Forestale e Montana, Segretario prima e Presidente poi dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali e membro di molte commissioni d’esame per i concorsi di settore in Università, CNR, CRA e molto altro ancora” (Mori P., 2011) 1
L’ Autore è convinto “della necessità di indagare il passato per interpretare il presente e costruire il futuro”. Questo lodabile intento è inficiato da numerose incongruenze, arbitrarie deduzioni logiche, e distorsioni scientifiche dettate dall’ansiosa esigenza di “delineare i contenuti innovativi connessi a quest’assioma”: la 〈selvicoltura sistemica〉 è il fattore determinante per “tutelare e valorizzare la funzionalità del sistema biologico bosco” e per garantire “la tutela dei boschi, la salvaguardia della biodiversità, l’incentivazione della produzione legnosa e non, la valorizzazione delle esternalità, la salvaguardia del paesaggio e il sostegno alla proprietà forestale”, senza precludere (ovviamente) le attività antropiche.
L’ Autore fa presente che analizzerà “il concetto di selvicoltura dal punto di vista epistemologico, scientifico, tecnico e etico, a partire dal Medioevo fino ai giorni nostri”2.
“L’esame si sofferma sull’evoluzione del pensiero forestale e sulla descrizione delle tre forme che caratterizzano la selvicoltura classica: la selvicoltura finanziaria, la selvicoltura su basi ecologiche e la selvicoltura naturalistica”. Poi, “Attraverso l’analisi del nesso profondo tra ecologia, selvicoltura, assestamento e processo economico nella seconda parte del saggio3 si mette in evidenza la rilevanza e le peculiarità della nozione di selvicoltura sistemica nella gestione sostenibile e nella politica forestale, prospettando il possibile sviluppo della ricerca e della gestione forestale nei prossimi dieci, cinquanta, cento anni”.
Ho costruito un monumento più eterno del bronzo,
più alto della mole regale delle Piramidi
che non potranno abbattere piogge mordenti, o venti sfrenati,
o l’innumerevole serie degli anni e la fuga del tempo.4
Di fronte a tanto enciclopedico impegno non resta che perorare l’aiuto di qualche divinità silvana o delle benevole Muse perché ci assistano nella lettura di tanti ripetitivi scritti sull’argomento e ci aiutino ad uscire indenni dall’improba fatica di esaminare “ i contenuti innovativi connessi all’assioma, che la «selvicoltura sistemica»”, fattore determinante per “tutelare e valorizzare la funzionalità del sistema biologico bosco”, e apportare non solo “un miglioramento delle conoscenze naturalistiche ed ecologiche”; ma anche favorire: “la rinnovazione continua e persistenza nel tempo dei singoli popolamenti; la varietà, ricchezza e salute delle diverse componenti biologiche delle fitocenosi boschive; il conseguimento di benefici economici; la difesa della proprietà privata e lo sviluppo dell’imprenditoria privata; la salvaguardia della flora, della fauna e del genoma; alla conservazione del patrimonio estetico e paesaggistico; la difesa idrogeologica e alla protezione ambientale; alla valorizzazione delle conoscenze etnologiche; ed altro ancora, come si legge nel «Manifesto per la «selvicoltura sistemica».
Attraverso una pletora di scritti ripetitivi, farciti di dotti richiami a pensatori e scienziati d’ogni tempo, con spregiudicate distorsioni semantiche, i lettori sono pressati a comprendere il „nesso profondo tra ecologia, selvicoltura, assestamento e processo economico“, e „la rilevanza e le peculiarità della nozione di selvicoltura sistemica nella gestione sostenibile e nella politica forestale”.(Ciancio O., 2009)5
Per dimostrare la validità e rilevanza della sua «scoperta» egli ricorre, talvolta, ad impudenti manipolazioni storiche, arbitrarie deduzioni logiche e distorsioni scientifiche attraverso una pletora di scritti ripetitivi e polemiche reprimende nei confronti dei dissenzienti.
Ho cercato, per quanto possibile, di evitare frettolosi e marginali rilievi critici e di valutare con dovuta (in)parzialità le tesi esposte dall’autore e dai sostenitori della «selvicoltura sistemica», riferendomi agli scritti e documenti di autori citati o semplicemente menzionati nella vasta letteratura sistemica. Con paziente sforzo ho cercato di capire, attraverso un’attenta lettura degli scritti dedicati a qustto tema di capire in che cosa consista il «paradigma della selvicoltura sistemica» e di fare “uno sforzo culturale associato al tentativo di cancellare dalla memoria i pregiudizi che una tale problematica, che investe aspetti scientifici, tecnici, economici ed etici, pone ai professionisti abituati a esaminare e vedere le cose con i «tempi forestali»”.6
Malgrado questo laborioso impegno sono però giunto alla conclusione che attorno a questo tema sia fatto molto rumore attorno al nulla, attorno cioè ad inconcludenti sproloqui che nulla hanno a che vedere con la selvicoltura e le scienze forestali. Ogni smentita, critica o polemica su quanto scritto è benvenuta e sarà esaminata e discussa collettivamente.
Onde evitare ai lettori di annoiarsi oltre misura, ho suddiviso il mio scritto in vari capitoli, che saranno raccolti, unitamente ai commenti ricevuti, in un testo unico, senza alcuna pretesa di affermare verità, tesi o fatti innovativi. Con la partecipazione e collaborazione di quanti sono interessati alla diffusione del pensiero scientifico e alla critica agli ideologismi, si parlerà, sine ira et studio (senza acredine né prevenzioni), della SELVICOLTURA SISTEMICA con frequenti digressioni su argomenti connessi non solo al tema della gestione forestale, ma anche ad altri problemi della politica ambientale.
Dobbiamo però fin d’ora chiarire che non utilizzeremo il termine “lineare” in senso filosofico, secondo l’orientamento epistemologico del costruttivismo radicale in voga negli anni Settanta, quando si criticava l’impiego di modelli esplicativi di tipo «lineare», fondati su nozioni implicitamente dualistiche (causa-effetto, vero-falso), proponendo la loro sostituzione con sistemi «circolari» (autoregolazione, autoreferenza, auto-organizzazione). Nell’esposizione dell’argomento utilizzeremo semplicemente dei collegamenti ipertestuali e dei riferimenti incrociati. Insomma salteremo di palo in frasca, seguendo però un filo logico (appunto quello di Arianna) che ci aiuterà ad uscire dal labirinto della «selvicoltura sistemica» e liberarci dal Minotauro.
- Mori P., «La babele della selvicoltura», Sherwood n°. 171, settembre 2011, p. 5-6.
- Ciancio O., 2009, Quale selvicoltura nel XXI secolo? «Relazione introduttiva, Terzo Congresso Nazionale di Selvicoltura», in Atti Accademia Italiana Scienze Forestali, Firenze, vol. I, p. 4.
- Ciancio O., 2009, Quale selvicoltura nel XXI secolo? «Relazione introduttiva, Terzo Congresso Nazionale di Selvicoltura», in Atti Accademia Italiana Scienze Forestali, Firenze, vol. I, p. 4.
- Exegi monumentum aere perennius
regalique situ pyramidum altius,
quod non imber edax, non Aquilo inpotens possit diruere
aut innumerabilis annorum series et fuga temporum
Orazio: Odi, III, 30. - Ciancio O., 2009, Quale selvicoltura nel XXI secolo? «Relazione introduttiva, Terzo Congresso Nazionale di Selvicoltura», in Atti Accademia Italiana Scienze Forestali, Firenze, vol. I, p. 4.
- Ciancio O., «La teoria della selvicoltura sistemica: i razionalisti e gli antirazionalisti, le “sterili disquisizioni” e il sonnambulismo dell’intellighenzia forestale», Accademia Italiana di Scienze Forestali, Tipografia Coppini, Firenze, 2010, p. 4.