Perorazione: Audiatur et altera pars

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Audiatur et altera pars: sia dato ascolto anche all’altra parte

Ci si aspetterebbe che questa perorazione venisse dai forestali esclusi dalla possibilità di accedere ai mezzi di informazione monopolizzati, in gran parte, dai sostenitori della «selvicoltura sistemica»1.
In realtà, le limitate voci dissenzienti sono relegate per lo più in riviste di non ampia diffusione e poco influenti sul piano accademico e didattico, mentre all’opposto i sostenitori della nuova teoria hanno un’ampia possibilità di accesso a riviste e pubblicazioni edite dall’Accademia Italiana di Scienze Forestali e possono far largo uso dei moderni sistemi di comunicazione Web per diffondere le loro tesi. 2 Appare quindi derisorio il vittimistico invito agli interlocutori di condurre un’analisi libera da preconcetti delle idee tanto pubblicizzate dai selvicoltori sistemici, quanto osteggiate dai medesimi detentori di un accesso – quasi esclusivo – agli organi italiani di informazione forestale.

È stato giustamente rilevato che “se si desidera veramente animare in maniera costruttiva il dibattito e accogliere la sfida di mettere le proprie idee a confronto con quelle dell’interlocutore, si usa rispondere attraverso lo stesso mezzo o nella stessa occasione utilizzata da chi ha mosso critiche e osservazioni.3
Dovrebbero essere i critici, privati o limitati nel loro diritto di parola, a chiedere «audiatur et altera pars», ed essere un po’ irritati per i modi spicciativi con cui sono liquidate le perplessità e le obiezioni che vengono mosse. Condivido quindi pienamente il pensiero di Seneca “Chi stabilisce qualcosa senza aver sentito la controparte, non è stato giusto4
e rivolgo modestamente l’invito ai solerti assertori e divulgatori della “selvicoltura sistemica” a dar maggior spazio alle osservazioni critiche di quanti vogliono discutere seriamente le teorie del professor Ciancio e dei suoi discepoli.

Malgrado l’ampia facoltà divulgativa di cui gode, l’Autore lamenta frequentemente di essere frainteso o non capito, perché portatore di “idee che vanno oltre il comune pensare e il sapere costituito”, insomma perché egli è un «eretico» circondato da interlocutori ancorati a “idee antiquate, ma tuttora ben radicate”, le quali sono il “riflesso di un mondo forestale superato e in contrasto con quel poco che si sa del sistema biologico complesso bosco”. “In campo forestale tra i più famosi [eretici] si ricordano Lorentz e Gurnaud in Francia, Biolley in Svizzera, Mayr e Möller in Germania, Di Bérenger e Pavari in Italia”. “E altri se ne potrebbero citare”.5

Il professor Ciancio è convinto che il sogno di ogni vero ricercatore è quello di essere considerato eretico»; noi però sappiamo che “ è destino abituale delle nuove verità, quello di iniziare con le eresie e finire nelle superstizioni”6.
Nell’ambito delle scienze naturali do quindi credito solo a quelle “eresie” che non si basano su principi metafisici, teologico-religiosi, su dogmi o irrazionalistiche congetture, ma si fondino sul metodo scientifico sperimentale7 e sulla logica formale.8

Verrebbe anche da chiedersi in che senso questi – ben più famosi selvicoltori – siano da considerarsi degli «eretici». Per le tesi sostenute o per le ricerche condotte? Rispetto a quali «paradigmi»? Tutti alla stessa maniera, in un lasso di tempo secolare?
Definire «eretici» alcuni dei più famosi studiosi di selvicoltura e considerarsi incluso come «eretico» tra loro, è onirismo oppure svuotamento semantico.
Perché mai, il mondo forestale dovrebbe abbandonare le vecchie rassicuranti teorie sulle fitocenosi boschive e la consolidata prassi di gestire le foreste secondo i canoni della «selvicoltura naturalistica», «prossima alla natura» o, semplicemente basata sulle conoscenze naturalistiche storicamente acquisite, per abbracciare la cosiddetta «selvicoltura sistemica» ?
Come affidarsi “con quel poco che si sa del sistema biologico complesso bosco” alla «selvicoltura sistemica» tanto vagamente descritta, priva di qualsiasi base sperimentale e fondata sul discutibile presupposto ecologico che il bosco sia un «sistema biologico» e non una «fitocenosi» ?

Nessuna seria risposta a questi interrogativi. Solamente schematiche e retoriche asserzioni, in gran parte, già ampiamente confutate dalle conoscenze biologiche ed ecologiche acquisite attraverso indagini scientifiche, ampie sperimentazioni e una lunga prassi empirica.
Le osservazioni critiche sulla teoria della «selvicoltura sistemica» sono liquidate come frutto d’incomprensione, ignoranza e superficialità: “Teoria che nei suddetti articoli talvolta è oggetto di frettolosi e marginali rilievi critici e talaltra di vivace dibattito. Ciò è naturale – per restare nel tema! – che avvenga perché il coraggio delle idee spesso non paga, almeno così sostengono in molti. Ma, da inguaribile ottimista, sono certo che il tempo è galantuomo”.9
Il professor Ciancio dovrebbe almeno farci sapere di quali frettolosi e marginali rilievi critici si tratti per dar modo al lettore di valutare le critiche mosse. Questa del «tempo galantuomo» è una − non infrequente − caduta di stile, ricorrendo ad banale modo di dire popolare (“Al temp é galantóm, a chi pól espetèr”, Emilia-Romagna), ma, in genere, va dato atto che l’Autore ci riserva per presentare il suo «paradigma» citazioni di ben altro livello (Popper, Kuhn, Vico, Einstein, Chateaubriand e tanti altri insigni pensatori).
Ora, però non si può stare ad aspettare che il tempo «galantuomo» (non sempre imparziale) decida se il «paradigma silvicoltura sistemica» sia inappuntabile e le critiche sollevate (“ancorché prive di valore”) siano, parzialmente o totalmente, da rigettare, perché da oltre un ventennio gli operatori forestali attendono risultati concreti dalla «silvicoltura sistemica».
Non avendo alcuna certezza su quanto si debba aspettare perché il tempo galantuomo decreti la validità o meno del «paradigma silvicoltura sistemica», mi limiterò ad esaminare le tesi dei sostenitori di questa teoria, rifacendomi ai loro numerosi scritti e a quanto scientificamente provato.
Vorrei però precisare, a scanso di equivoci, che non intendo polemizzare con i selvicoltori sistemici adottando il metodo stilistico invalso nei loro scritti. Gli esempi paradigmatici dello stile adottato dal professor Ciancio (e dai suoi sostenitori) nel controbattere le critiche si può cogliere dal seguente brano:

giphyGrilloCiancioÈ stato recentemente pubblicato sulla stampa tecnica forestale un articolo con affermazioni gravemente erronee e accuse assolutamente improprie e stoltamente offensive nei confronti di esimi colleghi universitari che hanno illustrato e continuano ad illustrare in campo nazionale e internazionale le Scienze forestali. Inoltre, si esprimono giudizi altamente scorretti nei riguardi dell’indipendenza di alcune riviste scientifiche che operano secondo rigorose procedure definite e accettate nel mondo della ricerca. Nell’interesse del settore forestale, non ritengo che tali errate affermazioni e tali arroganti giudizi meritino una qualche risposta. Il motivo è semplice: trattasi solo di ignobili illazioni.10

Questa è la premessa ad una banale svista di un “giovane forestale” (ne ignoro l’età) che ha confuso due (anzi tre) autori – appartenenti alla stessa famiglia e designati con analoga iniziale (A. Hofmann – Amerigo  & Alberto & Amerigo), attribuendo al primo una citazione tratta dal secondo. Questa, tutto sommato, banale svista di attribuzione suscita nel Professore raccapriccio, facendolo sbottare in questa dura reprimenda:

Rifiuto“Chi scrive dovrebbe sempre sapere cosa scrive. Ma pare che non sia più così, almeno in alcuni ambienti che diconsi forestali. Mi si fa dire cose errate che, invero, di erroneo non hanno nulla. Anzi, si può affermare che, ancora una volta, costoro dimostrano di non conoscere la letteratura forestale. Una manchevolezza, invero, già da me segnalata e ampiamente documentata. Errare humanum est, perseverare autem diabolicum, et tertia non datur”.

Utilizzare questi toni per rilevare un equivoco è inappropriato e sconveniente da parte di un docente che in un suo scritto afferma:

“Epperò, in virtù della creatività connessa alla dialettica, è ora possibile proporre una teoria innovativa. … Esporre il proprio punto di vista è un elemento fondamentale per il progresso delle scienze forestali, nella consapevolezza, per dirla con PARMENIDE, che il momento conoscitivo si realizza nella divergenza e nella tensione retrograda”.11

Tralasciamo il fatto che una citazione dovrebbe confermare il pensiero di chi scrive e non servire per far sfoggio della propria cultura, anche perché i filosofi greci – pur nella loro autorevolezza – hanno ben poco a che vedere con la selvicoltura e le scienze forestali. È d’uopo però rilevare che la citazione, cui fa riferimento l’Autore, è tratta da «Frammenti» di ERACLITO (non di PARMENIDE).

“Gli uomini non comprendono in che modo ciò che diverge non di meno converge con se stesso; c’è un rapporto di tensione retrograda, come quella dell’arco o della lira”.

pinocchio È infatti ERACLITO che afferma “l’identità delle cose è il loro stesso esser diverse e opposte, il loro stesso diversificarsi (dalle altre) e opporsi (alle altre)” ed è ancora ERACLITO che sostiene che  «Non comprendono come distinguendosi da se stesso, con se stesso concordi: armonia di inversioni, come dell’arco e della lira»12.

L’identità degli opposti “tutte le cose sono uno” … sono identiche perché hanno qualcosa che – pur nella loro diversità e opposizione – le rende identiche è espressa dall’immagine «Armonia di arco e lira», la quale rappresenta “armonia di flussi inversi e complementari, colti alla radice dei mondi visibili e invisibili: sintesi degli opposti immediatezza/ manifestazione, contatto/ distacco, vicinanza/ lontananza”13

PARMENIDE afferma invece che “il Tutto è l’essere, e al di là dell’essere vi è niente”. Come si legge in Severino “Parmenide, come Eraclito, riflette esplicitamente sull’opposizione, ma egli si rivolge all’opposizione estrema, quella in cui i due opposti non hanno alcunché in comune, e cioè dove uno dei due opposti – il niente – non è un qualcosa che possa venir conosciuto e intorno a cui si possa parlare, ma è l’assolutamente niente, l’assoluto non-essere che non trova luogo all’interno del Tutto”.14

L’attribuzione della citazione è errata. Non possiamo però credere che il professor Ciancio faccia parte di quanti “Ancora una volta, con il tipico sguardo assente dei sonnambuli, invece di informarsi si sogna a occhi aperti, credendo che i propri sogni siano realtà e conoscenza. E non si rendono conto che in tal modo dimostrano la propria incultura provocando incommensurabili danni ai giovani, tecnici e studenti, e, con essi, a tutto il mondo forestale.15
Egli certamente non appartiene alla schiera di coloro che “Non comprendono come [il logos], pur discordando con se stesso, è concorde: armonia contrastante, come quella dell’arco e della lira” Di questo lógos, che è sempre, gli uomini non hanno intelligenza, sia prima di averlo ascoltato sia subito dopo averlo ascoltato; benché infatti tutte le cose accadano secondo lo stesso lógos, essi assomigliano a persone inesperte, pur provandosi in parole ed in opere tali quali sono quelle che io spiego, distinguendo secondo natura ciascuna cosa e dicendo com’è. Ma agli altri uomini rimane celato ciò che fanno da svegli, allo stesso modo che non sono coscienti di ciò che fanno dormendo.16

Titivillus Demone degli Amanuensi

Titivillus Demone che induce in errori (s. XIV)

Propendo nel credere che quel demonietto di Titivillus – terrore degli amanuensi medievali per la sua caparbia attitudine a far errare i bravi monaci copisti – abbia giocato questo brutto tiro al professor Ciancio, per ricordargli che il suo lapsus calami – perché certamente di questo si tratta – è ben più grave dell’errore commesso dall’improvvido critico tanto veementemente redarguito.
La confusione tra il pensiero di due filosofi – rappresentanti di scuole e dottrine diverse – dovrebbe indurre il professor Ciancio ad una rettifica oppure ad una riformulazione della sua affermazione, perché è proprio lui che dice “Come si fa a definire inesatta una citazione quando evidentemente non la si conosce e non si ha neanche l’onestà intellettuale di andare alla fonte? Molto tempo fa un mio professore di liceo mi raccomandava: prima di scrivere devi essere certo di quello che scrivi”.
Ma quello era il tempo in cui i professori di liceo erano puntuali pacati revisori degli scritti dei loro studenti e questi a loro volta solerti discepoli.

  1.  Nella Rivista Sherwood (n. 149 fino al n. 152) sono apparsi sette articoli sulla mozione finale del Terzo Congresso Nazionale di Selvicoltura (Taormina 2008): M. Paci, «Una domanda ai selvicoltori»; A. Wolynski, «Selvicoltura Naturalistica e Sistemica. Quali analogie e quali differenze»; M. Mazzucchi, «La selvicoltura e i suoi aggettivi»; P. Piussi, «Tecniche selvicolturali e contesto socio-economico»; G. B. Sangalli, «Rimaniamo con i piedi per terra»; «Documento Amministrazioni Forestali del Nord Est (a cura di: G. Munari, P. Profanter, M. Zanin, R. Comino); G. Hippoliti, «La selvicoltura, fantasia o realtà?».
  2.  Alcune lezioni sono visibili su «YouTube» e vari testi (in formato .pdf) possono essere acquisiti accedendo ai siti «aisf.it» e «Forest@».
  3. Mori Paolo, 2011 – La BABELE della selvicoltura. Sherwood n. 171.
  4. “Qui statuit aliquid parte inaudita altera, aequum licet statuerit, haud aequus fuit”, Seneca, Medea v. 199.
  5. Ciancio O. 2010: Selvicoltura, assestamento, epistemologia ed etica. Dibattito scientifico o discussione da bar dello sport? Forest@ 7: 111-119
  6. ”It is customary fate of new truth, to begin with eresies and to end as superstitions”, T. H. Huxley, in «Science & Cuture» (citato da A. Sen «Development as Freedom», Oxford University Press, 1999, p.111).
  7. METODO SPERIMENTALE. – È il metodo di tutte le moderne scienze della natura – per questo generalmente chiamate scienze sperimentali – con cui si procede per stabilire l’esistenza obiettiva dei fatti nel mondo fisico e formulare leggi che ancora non si conoscono; ovvero per dedurre, dal controllo con l’esperienza, i limiti entro cui valgono leggi già note. Ed è, nella sua pratica più immediata, ricerca ed effettiva realizzazione delle condizioni più semplici in cui è dato riprodurre un fenomeno che si vuole osservare (Giovanni Gentile, Enciclopedia Treccani).
  8. La logica formale studia le forme del ragionamento, ricercando forme di ragionamento valide a priori e concentrandosi soprattutto sulla generalità e sulla teoria. Analizzando i modelli generali comuni a molti ragionamenti, codificati in linguaggio simbolico, essa permette di realizzare generalizzazioni applicabili a ragionamenti diversi.
  9. Ciancio O, 2010. Selvicoltura, assestamento, epistemologia ed etica. Dibattito scientifico o discussione da bar dello sport?Forest@ 7: 111-119
  10. Orazio Ciancio, «La teoria della selvicoltura sistemica: i razionalisti e gli antirazionalisti, le «sterili disquisizioni» e il sonnambulismo dell’intellighenzia forestale», «Accademia Italiana di Scienze Forestali», Tipografia Coppini, Firenze, 2010, p. 3.
  11. Ciancio Orazio, 2011 – Dal sonnambulismo all’incultura. L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments 66 (1): 81-82.
  12. M. Marcovich, Eraclito, Frammenti, Introduzione, traduzione e commento. La Nuova Italia, Firenze, 1978.
  13. A. Tonelli, «Eraclito dell’origine», Feltrinelli ed., Milano 1993, p. 58; vedi anche Eraclito, dai Frammenti (Diels-Kranz, (2 di 6) 30/10/2005).
  14. Emanuele Severino, 1994, La filosofia antica. BUR Rizzoli Editore, Milano, (p. 42 – 48).
  15. Ciancio O., 2011: Dal sonnambulismo all’incultura. L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments 66 (1): 81-82.
  16. A questo indirizzo sono reperibili maggiori informazioni sulla filosofia di Eraclito da Efeso

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