La seguente bozza di articolo viene pubblicata postuma.
Non dobbiamo far della legge uno spauracchio, messo lì a spaventar gli uccelli, e inalterato con l’abitudine diventa loro trespolo, senza più incutere timore1
Al tramonto della della XVII legislatura (esecutivo Gentiloni 12 dic. 2016 – 01 giu. 2018) è entrata il vigore (5 giugno 2018) la “Nuova legge forestale”, pomposamente denominata «Testo unico in materia di foreste e filiere forestali», che dovrà regolare l’uso dei boschi e delle loro risorse su tutto il territorio nazionale, unificando e semplificando le precedenti norme e provvedimenti amministrativi statali e regionali2.
Il provvedimento, emesso dopo la scadenza dei prefissati termini di presentazione3, ha avuto calorosa accoglienza da parte delle associazioni industriali del settore (Federlegno), moderato entusiasmo da parte di professionisti e tecnici forestali, critiche di docenti e ricercatori di scienze ambientali4, e una informazione pubblica pressoché acriticamente schierata a favore di un ipotetico sviluppo dell’economia forestale nazionale. Anche in questo caso i mezzi di informazione hanno accreditato l’ormai diffusa visione mercantilistica dei beni naturali e la rappresentazione di una realtà forestale ed ambientale irrealistica, basata su informazioni scientificamente insostenibili, fantasiose ipotesi e rassicuranti prospettive.
Da una legge non può attendere la realizzazione di una politica, lo sviluppo economico oppure la trasformazione di consolidate pratiche sociali, ma si può auspicare che vengano rimossi degli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di determinati obbiettivi di comune utilità, che servano a far rispettare dei vincoli imposti contro l’accaparamento e l’uso improprio di beni comuni o per contrastare comportamenti nocivi per la società civile. Alla base di ogni provvedimento legislativo
Non voglio di certo sminuire l’importanza di rinnovare una stantia amministrazione pubblica di ogni genere e grado, né dell’improrogabile necessità di tagliare la spesa pubblica, far ordine sulle attribuzioni, competenze e funzioni di un indistricabile labirinto burocratico di leggi e procedure coltivato ad «usum Delphini», adattato e continuamente manipolato per soddisfare interessi di parte e consolidare un fazioso tornaconto. Non pochi sono gli esempi di questa disinvolta prassi di confondere il “pubblico” col “privato”, di manipolare leggi, regolamenti e provvedimenti amministrativi per conseguire e rafforzare peculiari posizioni di potere. Fantomatiche operazioni di «rottamazione», di snellimento e semplificazione amministrativa celano spesso innominabili fini
Il modo di affrontare i problemi dell’ambiente e di stabilire delle regole di gestione dei beni naturali da parte della Pubblica Amministrazione (PA) ha molte analogie con l’apologo goethiano del giovane apprendista stregone5. Il monito della ballata a «non cominciare qualcosa che non si sa come vada a finire» ben si presta a descrivere le conseguenze dei decreti e delle norme legislative della cosiddetta «riforma Madia («Ministra della PA e semplificazione»)6», perché si è pensato di riformare la pubblica amministrazione accorpando o sopprimendo alcuni organismi istituzionali senza affrontare il problema della funzionalità, competenza e operatività dei servizi tecnici connessi.L’aggregazione del CFS all’Arma dei Carabinieri non ha risolto l’annoso problema del conflitto di competenze tra Stato e Regioni; non ha realizzato un effettivo decentramento amministrativo e non ha ridefinto in modo chiaro le competenze e funzioni dei diversi organi amministrativi; non ha provveduto al riordino delle pletoriche norme legislative in materia agro-silvo-pastorale ed ambientale e non ha regolato la moltiplicazione di enti ed organismi di controllo a scapito di efficienti servizi tecnici.
Attraverso una insistente campagna propagandistica si è fatto credere che l’Italia è stata costretta ad accorpare il CFS all’Arma dei carabinieri per l’ingiunzione dell’UE (i famigerati “tecnocrati di Bruxelles) di limitare a cinque il numero dei corpi di polizia degli stati membro7.
Come era prevedibile, l’accorpamento ha sollevatole proteste e critiche sia da parte dei diretti interessati che di quanti operano nel settore agro-silvo-pastorale e ambientale, dando stura a variegate manifestazioni. Il personale forestale si è schierato per lo più contro la militarizzazione del Corpo e per la difesa delle connesse prerogative giuridico-sindacali; le associazioni naturalistiche per le future infauste sorti dei boschi e della natura del Paese; “ben pensanti” di ogni colore politico hanno deplorato lo spreco di denaro dei “forestali”, confondendo il personale CFS con gli operai forestali così numerosi e “sfaccendati” del Meridione. Poche voci hanno ricordato che il CFS è stato radicalmente trasformato con la “riforma” del ministro Alemanno da organo tecnico a corpo parallelo di polizia8funzionalità del nuovo assetto amministrativo ai fini della protezione dei beni ambientali e, in particolare, della gestione e valorizzazione del patrimonio agro-silvo-pastorale. Alle proteste dei diretti interessati si sono aggiunte quindi quelle degli organismi professionali, degli operai e maestranza forestali, delle associazioni ambientalistiche. In seguito a vari ricorsi ai tribunali amministrativi, è stata sollevata la questione della legittimità della soppressione del Corpo Forestale dello Stato (CFS) e dell’assorbimento e conseguente militarizzazione del suo personale nell’Arma dei Carabinieri presso la Corte Costituzionale.
Non voglio certo asserire che il CFS non dovesse essere riformato dopo la disastrosa gestione dei beni ambientali e agro-silvo-pastorali e le incaute trasformazioni amministrative nazionali e regionali, che si sono succedute a partire dagli anni settanta. Il CFS andava certamente riformato ridefinendone compiti, funzioni e rapporti con le amministrazioni regionali, le quali d’altra parte avevano l’obbligo di dotarsi (come è avvenuto solo per alcune regioni) di efficienti servizi per la salvaguardia e lo sviluppo dell’economia silvo-pastorale e ambientale. Questo avrebbe comportato però un’attenzione ai problemi economici e sociali delle zone montane e collinari e l’avvio di una politica di sviluppo agro-silvo-pastorale, di difesa idrogeologica e di salvaguardia dei beni ambientali, paesaggistici e culturali delle aree depresse e abbandonate.
In altre pagine ho affrontato la questione dell’accorpamento del Corpo Forestale della Stato (CFS) nell’Arma dei Carabinieri delle molteplici sovrapposizioni (spesso conflittuali) di competenza tra organismi che esercitano un controllo sulle risorse naturali e sugli alimenti. Oltre alla confusione dei ruoli e delle funzioni dei diversi organi amministrativi preposti alla gestione dei beni agro-silvo-pastorali e alimentari a livello nazionale, regionale e locale, ciò che desta maggior stupore è l’incapacità politica di prendere atto che per proteggere i beni ambientali e naturalistici è indispensabile dotarsi di una rete di servizi tecnici efficienti e preparati, dotati di mezzi operativi adeguati e soprattutto di promuovere un controllo sociale diffuso sull’uso del territorio. L’impegno e la partecipazione civica alle scelte di gestione del territorio costituiscono la miglior garanzia di salvaguardia del territorio e insieme di stimolo all’opera di prevenzione e di repressione degli abusi ambientali. La militarizzazione del CFS, la centralizzazione e gerarchizzazione degli organismi statali nella gestione delle risorse naturali in una situazione di generale inefficienza degli organi amministrativi e dei servizi tecnici rischia di essere l’ennesima manovra diversiva volta a rassicurare l’opinione pubblica sull’impegno profuso dall’amministrazione per frenare gli abusi, senza nessun pratico effetto sulla situazione esistente. L’accorpamento del CFS all’Arma dei Carabinieri ha ulteriormente ridotto le capacità di amministrare efficacemente i beni comuni è venuto meno il supporto tecnico di un importante servizio, che in passato ha svolto un’encomiabile azione di salvaguardia dei beni comuni. Con questo accorpamento si è privilegiata la repressione rispetto alla prevenzione e, ancora una volta, si è sottovalutata l’importanza di responsabilizzare le istanze locali nell’opera di salvaguardia. Da una legge non può attendere la realizzazione di una politica, lo sviluppo economico oppure la trasformazione di consolidate pratiche sociali, ma si può auspicare che vengano rimossi degli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di determinati obbiettivi di comune utilità, che servano a far rispettare dei vincoli imposti contro l’accaparamento e l’uso improprio di beni comuni o per contrastare comportamenti nocivi per la società civile. Alla base di ogni provvedimento legislativo
- Shakespeare, Misura per misura, Atto II, Scena I. (Angelo)
- Questo decreto legislativo fa seguito a quanto disposto dall’articolo 5 della legge 28 luglio 2016, n. 154, recante deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitivita’ dei settori agricolo e agroalimentare, nonche’ sanzioni in materia di pesca illegale, e, in particolare, il comma 2, lettera h). Il “Testo unico” colma (secondo il legislatore) il vuoto legislativo derivato all’accorpamento del CFS all’Arma dei Carabinieri e uniforma la legislazione nazionale e regionale in materia forestale.
- esso doveva essere emesso entro 6 mesi (a partire dal 28 luglio 2016), ma ha richiesto in realtà 3 mesi addizionali.
- Oltre 250 si sono appellati al Presidente della Repubblica per bloccare questa legge con un Appello tecnico-scientifico.
- “L’apprendista stregone” (Der Zauberlehrling, ballata di Johann Wolfgang von Goethe (1797), usando la formula magica del Maestro, costringe la scopa a far le pulizie in sua vece ed è poi incapace di far cessare l’incantesimo, fino a quando non ritorna il maestro che pone rimedio all’improvvida iniziativa.
- Si tratta dei provvedimenti delegati al Governo (legge 7 agosto 2015, n. 124 – entrata in vigore il 28/08/2015) di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche e del successivo «Decreto Legislativo del 19 agosto 2016, n. 177» di accorpamento del CFS all’Arma dei Carabinieri. Decreto che ha trasferito ai “Carabinieri forestali” i compiti di controllo e supervisione dei beni agro-silvo-pastorali, ambientali e alimentari.
- Si è trattato ovviamente di un pretesto perché la cooperazione europea non impone agli Stati membri l’adozione di un assetto organizzativo unitario e «… il dualismo delle forze di polizia a competenza generale (Polizia di Stato – Arma dei carabinieri) è un falso problema, perché «l’efficienza dell’azione di polizia prescinde dal modello organizzativo prescelto». Addossare all’UE la responsabilità di scelte proprie è ormai prassi corrente, perchè questo vittimismo per lo strapotere dell’UE è uno slogan elettoralistico assai vantaggioso. Andrebbe invece esaminata l’effettiva rappresentatività italiana nell’UE, intesa come competenza tecnica, politica ed amministrativa nei vari campi.